Mastoplastica additiva e approfondimenti
Questa procedura si effettua sempre con I’ausilio di protesi costituite da una membrana in silicone che può essere riempita di gel di silicone, soluzione fisiologica salina o idrogel.
La maggioranza delle protesi contiene gel di silicone, che offre una durata e una malleabilità migliori. La fama del gel di silicone è stata rivalutata: contrariamente ad alcune affermazioni, è stato dimostrato che non causa reumatismi e che le protesi non scoppiano ad altitudini elevate. Tuttavia il silicone blocca il passaggio dei raggi X, perciò i controlli per la ricerca di tumori al seno andrebbero sempre fatti utilizzando la NMR, o Risonanza Magnetica, anziché la mammografia.
Vedi anche risorsa esterna: Guida Completa e Aggiornata alla Mastoplastica Additiva (chirurgo estetico Dr. Dauro Reale)
La soluzione salina viene iniettata nella protesi durante I’intervento: la quantità di soluzione determina le dimensioni del seno. Se la protesi scoppia, la soluzione fuoriesce completamente; tuttavia le protesi con soluzione salina non sono cosi naturali al tatto come quelle al gel di silicone.
Idrogel è una miscela costituita da acqua e polisaccaridi (zuccheri). Le protesi sono molto naturali al tatto, ma la loro compatibilità con i tessuti non è ancora stata dimostrata.
Un guscio di silicone con superficie grezza e trama evidente è preferibile a uno con superficie liscia, poiché ostacola la formazione di fibrosi capsulari. Esistono protesi a forma rotonda, ovale e a goccia. Quest’ultima si adatta meglio all’anatomia femminile e ha un aspetto naturale anche in posizione orizzontale. Le dimensioni delle protesi standard variano da 60 a 600 cm cubici. Il tipo di protesi più utilizzato è un supporto in gel di silicone di volume pari a 200 cm cubici.
L’intervento, la cui durata varia da due a tre ore, si effettua con il paziente in anestesia generale o parzialmente sedato via endovena. Si effettua un’incisione lunga 4 cm circa nella cute, solitamente a livello dell’ascella, sotto il capezzolo oppure nella piega sotto il seno. I rischi associati a un punto d’entrata ascelIare sono dati dalla formazione di cheloidi (cicatrici rilevanti) e da un’emostasi difficoltosa. Se l’incisione è praticata sul capezzolo, viene impiantato un supporto vuoto che verrà riempito nel corso dell’operazione. La pratica più comune è quella che utilizza un’incisione chirurgica nella piega sotto mammaria. L’unico svantaggio di questo metodo è dato dalla sottile cicatrice risultante che, col passare del tempo, diventa però impercettibile.
La cavità per I’impianto viene preparata attraverso l’incisione: la protesi può essere collocata sotto la ghiandola mammaria (posizione sottoghiandolare) o dietro il muscolo pettorale (posizione sottomuscolare o sottopettorale); l’80% dei chirurghi preferisce quest’ultima poiché, malgrado comporti una guarigione più lenta, il muscolo nasconde bene la protesi e I’aspetto finale è molto naturale. Le incisioni sono infine suturate e sigillate con una fasciatura sterilizzata.
Rischi: il più frequente è la fibrosi capsulare (ispessimento e indurimento dei tessuti connettivi che circondano la protesi), che può essere molto dolorosa e si verifica in seguito al ristagno di sangue nella cavità protesica, causando un’eccessiva cicatrizzazione. Se però la cavità è completamente riempita con soluzione salina, è molto difficile che si abbia la fibrosi capsulare. Altri rischi sono rappresentati dalla comparsa di smagliature e da difficoltà circolatorie; in aggiunta a ciò, le protesi sovradimensionate in posizione sottoghiandolare spesso traspaiono. Nel seno di donne molto esili, supporti riempiti di soluzione salina possono corrugare la pelle. In ogni intervento esiste un rischio di asimmetria: nella maggioranza dei casi I’unica soluzione è rioperare. Le protesi andrebbero sostituite dopo circa quindici anni.
Durata del ricovero ospedaliero 1-2 giorni.
Ritorno alle attività lavorative’ dopo una settimana.