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    Chirurgia estetica

    Americani di origine
    caucasica e africana

Americani di origine caucasica e africana

Americani di origine caucasica e africana
Americani di origine caucasica e africana

Negli Stati Uniti, la situazione degli afroamericani peggiorò dopo la Guerra Civile. Gli afroamericani dalla pelle chiara si facevano assottigliare le labbra e ricostruire il naso in modo da sembrare bianchi. E se erano troppo scuri, cercavano di farsi schiarire la pelle.


Nella letteratura medica, l’origine delle pratiche di correzione del naso dei neri è stata mascherata; nessun chirurgo famoso negli Stati Uniti avrebbe voluto essere identificato per avere facilitato il superamento della barriera del colore all’epoca delle leggi “Jim Crow” e delle leggi sulla mescolanza delle razze nel periodo post-secessionista.Come anticipato, questa situazione è molto diversa da quella degli ebrei tedeschi, la cui emancipazione civile e legale era stata chiarita (se non accettata) nello stesso periodo. Nel 1892, il chirurgo newyorkese Robert F. Weir(1838-1927) propose una procedura per ricostruire “nasi schiacciati senza deturparne la pelle”: essa alterava la forma nasale schiacciata introducendovi un impianto e rifacendosi esplicitamente ai trattamenti sui nasi sifilitici. Weir dissertò anche sull’alterazione delle alae (ali) nasali. Il suo intervento produsse un “naso da pappagallo”, che conferiva connotati da “nero” al paziente, ma un ulteriore trattamento chirurgico per ridurre le narici rimediò al problema. Quando Jacques Joseph nel 1931 scrive il suo resoconto sul saggio di Weir, lo descrive come un “metodo per correggere le ali nasali esageratamente svasate (naso negroide) attraverso incisioni verticali semicircolari . . .”. La procedura di Weir per ricostruire il naso sifilitico divenne quindi un metodo utilizzato per rendere “accettabile” il naso dei neri.


Con il 20° secolo, i chirurghi hanno trovato il modo di correggere un setto deviato, tecnica che poi ha portato all’approccio della rinoplastica aperta.


La storia delle fattezze del naso e della prima chirurgia estetica negli Stati Uniti è colma di affermazioni sottotono e di dissimulazioni. Nel 1934 Jacques W. Maliniac (1889-1976) sottolineò che “il naso presenta caratteristiche razziali forti e facilmente distinguibili. In un ambiente estraneo, questo può essere assai dannoso per il suo possessore.


Un naso negroide è un chiaro handicap sociale ed economico per un caucasico dalla pelle scura” o, si potrebbe aggiungere, per chi desideri superare il confine del colore. Ma è vero anche il caso opposto: Henry Jurius Schireson riportò che un’infermiera sua paziente era ricoperta di lentiggini e desiderava asportarle: “…eccessiva pigmentazione negli strati più bassi della cute le creava problemi sul lavoro, in quanto in penombra alcuni pazienti la scambiavano per mulatta”. Forse costei cercava davvero di valicare il confine del colore.


Quando, dodici mesi dopo, Cowasjee raggiunse I’armata britannica in quelle condizioni, si recò da un “mem-bro della casta dei Mattonai” per farsi ricostruire il naso. L’intervento venne effettuato riproducendo sulla fronte di Cowasjee le tracce del naso da un modello in cera e allentando la pelle della fronte. Lasciando un lembo di collegamento, il mattonaio attorcigliò I’innesto e formò il naso. Venticinque giorni dopo, tagliò il lembo rimanente e Cowjasee si trovò con un nuovo naso.


Questa tecnica,che utilizza un lembo di pelle a pedicello, rispetto a quella di Tagliacozzi, che utilizzava un lembo di pelle del braccio, aveva il vantaggio di non impacciare il paziente con un supporto per lunghi periodi, ma in compenso lasciava un’estesa cicatrice sulla fronte.


Un chirurgo militare, che probabilmente aveva letto di questo intervento sul giornale locale di Madras, nel marzo del 1794 riportò quanto sopra. Nel suo scritto era incluso un ritratto di Cowlasee (dipinto da James Wales) che apparve e fu riprodotto in tutte le successive versioni di questa storia. Il ritratto mostra una cicatrice di dimensioni molto ridotte, e un naso, all’apparenza, esteticamente normale. In ogni caso, secondo quanto riportato dalla stampa britannica nel 1794, furono le pratiche “orientali” e “barbariche” di amputazione del naso a dare impeto allo sviluppo della rinoplastica di tipo ricostruttivo nella medicina tradizionale indiana, a differenza delle antiche cure per i nasi sifilitici dell’Europa occidentale, cadute ormai nell’oblio.


Seguendo il modello britannico, che conosceva bene, il chirurgo tedesco Eduard Zeis (1807- 1868) scrisse, nel 1838, che la rinoplastica ricostruttiva “deve le sue origini all’abitudine, praticata fin dall’antichità e fino ai giorni nostri, di punire ladri, disertori e specialmente adulteri tagliando loro naso e orecchie. Non meraviglia che I’arte di ricostruire i nasi si sia sviluppata molto più tardi in Europa, dove questa orribile consuetudine non esisteva…”. Secondo questo testo fu dunque la barbarie orientale a condurre allo sviluppo di procedure plastiche.


Ma l’adozione, in Inghilterra e poi sul continente, di questa procedura specifica dipese anche dal significato attribuito all’India durante il XVIII secolo.


Sebbene in Europa questa pratica fosse principalmente utilizzata per curare i nasi sifilitici e non per rimediare a comportamenti barbari, le complicazioni che si dovettero affrontare furono, persino con questa forma di chirurgia ricostruttiva, numerose.